Varkala

La meravigliosa scogliera mi accoglie in un brillante pomeriggio soleggiato.

È quasi l’ora del tramonto e finalmente mi siedo in uno dei freschi e ombreggiati risto-bar che animano la striscia di terra che sovrasta l’oceano.

In India gli spostamenti, anche quando sono brevi, sono molto impegnativi; ora posso godere il meritato riposo di fronte ad un panorama che lascia senza fiato, mentre bevo un super naturale ed energetico succo di ananas e papaya.

Approfitto di questo momento di quiete per riflettere sugli ultimi avvenimenti, che si sono rivelati frenetici e molto concitati.

L’impatto con Varkala è una storia per me molto particolare, richiede un salto nel passato più recente per poter essere spiegata, come un veloce flashabck che mi riporta indietro nel tempo.

Immediatamente dopo il Cammino di Santiago percorso ad Aprile, incontrai un amico. Anche lui aveva fatto la stessa esperienza, raggiungendo Santiago attraverso un altro itinerario.

Un giovane medico, docente nella scuola di Naturopatia di cui faccio parte, coinvolto in percorsi di crescita personale e altre discipline più “scientifiche”; è anche esperto nella lettura delle carte e dei fondi di caffè, “attività” che svolge per passione e divertimento.

Dopo esserci raccontati le rispettive esperienze e avventure davanti ad una tazzina di caffè bollente, abbiamo voluto giocare a scrutare cosa il futuro stesse riservando per noi, leggendo i segni rimasti nel fondo.

Era un periodo particolare per entrambi ed io stavo attraversando un momento in cui dovevo prendere decisioni importanti per la mia vita.

Le domande su cui mi stavo focalizzando erano: cosa sarebbe successo, dove sarei approdata e cosa avrei fatto nel mio prossimo futuro?

Lui capovolse la mia tazzina e iniziò ad ispezionare l’interno con grande attenzione, ponendomi delle domande talmente precise che sembrava mi leggesse nel pensiero.

“Hai deciso di andare negli Stati Uniti?” mi chiese a bruciapelo.

Io lo guardai sorpresa e risposi: “No, non è mia intenzione, piuttosto andrei in Oriente!”

Mi mostrò l’immagine che si era presentata: ricordava davvero un panorama americano stile canyon, con massicce rocce uniformi e una fitta vegetazione, ma comunque non ben comprensibile.

Il suo suggerimento fu quello di iniziare la ricerca del luogo comparso nella tazzina. Io ero sicuramente un po’ perplessa e ci lasciammo ripromettendoci di risentirci e raccontarci ciò che sarebbe successo.

Passarono un paio di mesi e io feci il biglietto per l’India.

Non era un viaggio come gli altri, con un inizio e una fine prestabiliti. Sapevo che le cose avrebbero potuto prendere una piega particolare e partivo con una apertura e una visione diverse rispetto ad altre volte, decidendo con grande coraggio di recidere delle catene importanti che mi avevano tenuta troppo a lungo e inesorabilmente legata alla mia meravigliosa terra, la Sardegna.

Kerala fu la prima destinazione di un percorso che “minacciava” di diventare lungo e impegnativo, approfondire l’Ayurveda, praticare intensamente lo yoga, ritrovare una terra che tanto ho amato e vivere posti e situazioni nuove.

I miei progetti professionali mi suggerivano di sostare a Trivandrum, la capitale dello Stato, in cui in passato studiai massaggio ed altre tecniche Ayurvediche.

In realtà, in cuor mio, non volevo vivere la confusione della grande città e replicare l’esperienza passata, così mi apprestai a trovare una valida alternativa che mi desse la possibilità di unire il dovere al piacere.

Esclusi Kovalam, piccolo centro sul mare dove sostai in passato per motivi di studio, poiché nel frattempo era diventato troppo turistico e quindi caotico, meta scelta da turisti provenienti da tutte le parti del mondo e particolarmente cara ai russi.

Alla luce di queste considerazioni, la scelta cadde su Varkala, che nel precedente viaggio non avevo potuto visitare per carenza di tempo.

Ritorno al presente. La vista della scogliera mi lascia senza fiato. Mi ritorna immediatamente alla mente la lettura della tazzina e non ho il minimo dubbio che il panorama che vedo sia esattamente quello che mi era stato prospettato nella “magica” predizione del mio amico.

L’immensa “cliff” è altissima, circa 20 metri e il colore è esattamente il rosso delle montagne del Nord America; la vegetazione è fitta e lussureggiante, tutto il clima intorno è allegro.

Le premesse sono quelle di un soggiorno sereno e rilassante, oltre che fattivo e utile.

Mi sento finalmente a casa. Decido di godere il momento e restare curiosamente a osservare gli avvenimenti susseguirsi tra loro.

Non sono una fanatica degli oracoli e delle predizioni e amo dare a tutto ciò che accade la giusta e realistica importanza; questa coincidenza (perché di sicuro si tratta di una coincidenza) mi fa fantasticare su tutto ciò che potrebbe accadere.

Inizia subito la ricerca della scuola di yoga, consapevole della difficoltà di compiere la scelta giusta in un posto in cui il sacro e il profano si mescolano continuamente.
Trovare la giusta soluzione richiede tempo e stoica pazienza.

Visito e sperimento scuole differenti, ma le proposte che i vari resort e gli istituti semiseri offrono ai turisti e agli operatori sono tante e districarsi in mezzo a questo bailamme non è per nulla facile.

Finalmente, con l’aiuto di amici affidabili e della mia onnipresente guida interiore, approdo alla clinica del Dr Jairat, medico naturopata ed esperto di medicina ayurvedica e capisco subito che quella è la scelta giusta.

Iniziamo una lunga chiacchierata sugli intenti comuni e successivamente mi presenta l’equipe con la quale lavorerò durante il mese successivo e mi sento già perfettamente a mio agio tra fumi e profumi così conosciuti.

La vacanza è finita, non vedo l’ora di riprendere il lavoro!

Imparare tecniche nuove e approfondire quelle già conosciute mi riempie di entusiasmo, ma farlo nel posto dove questi insegnamenti nascono è assolutamente un prezioso dono della vita!

La mia meditazione quotidiana è ancora più sentita e sono grata per questa grande possibilità che mi è stata donata.

Thank You India!

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