Ayurveda. Primo giorno di scuola.

Il primo giorno di scuola sono come al solito molto eccitata e curiosa. Il piano deciso con il Dr Jairaj prevede un iniziale ripasso teorico di tutti i concetti di Ayurveda, già conosciuti ma sempre interessanti da rivedere ed approfondire, ed una serie di lezioni pratiche sui più diffusi trattamenti, oltre al raccolto delle erbe ed alla preparazione degli oli da utilizzare per ciascuno di essi.

Entrando nel centro sento il profumo di spezie, di oli già pronti, polveri e pozioni “magiche”… profumi che evocano immediatamente nella mia memoria le immagini dell’India che amo: caldo, sole, meraviglioso rilassamento.

Il primo giorno dunque più che una lezione è un confronto, e la mia insegnante è una dottoressa relativamente giovane che viene da Trivandrum per occuparsi del nuovo centro che inaugura la stagione.

C’è sempre più interesse nel mondo per le discipline alternative e l’Ayurveda rappresenta perfettamente quelli che sono i criteri della nuova medicina olistica: l’individuo al centro, piuttosto che il disturbo o la malattia.

Non sintomi e diagnosi come nella nostra medicina allopatica, ma l’individuo nel suo complesso, protagonista assoluto della sua buona o cattiva salute. La lezione è interessante e Anushka intrigante nell’esposizione dei concetti già conosciuti, ma visti sotto prospettive ancora più dettagliate ed approfondite.

L’antica passione riprende ad ardere forte e non vedo l’ora di iniziare la pratica vera. Decidiamo di alternare la lezioni pratiche con quelle teoriche e finalmente il giorno dopo entro nel vivo.

Mi ritrovo con Sudhee e la squadra con la quale lavorerò i giorni seguenti a pianificare l’organizzazione delle lezioni .

I miei insegnanti sono il doc Jraji che sarà il “supervisor”, il Vaydia Sudhee, che sarà colui con il quale lavorerò praticamente tutti i giorni e le due ragazze, le praticanti massaggiatrici e future terapiste, Sangitha e Arjaana, fondamentali nella preparazione delle cose pratiche, coloro che svolgono il vero lavoro.

Con Sudhee decidiamo subito di andare alla ricerca delle piante che ci serviranno per i primi trattamenti: tutto è incredibilmente a portata di mano. Le foglie che ci servono sono tutto sommato comuni e non dobbiamo faticare un granché per trovarle.

La scorrazzata in motocicletta è piacevole dato il caldo estremo e i bellissimi alberi di Tamarindo, Karinochi e Drumstickleaves, rigogliosi e freschi, sono anche generosi nell’offrirci le loro fronde per il delicato compito per il quale serviranno.

Sudhee recita un mantra ogni volta, sia per chiedere il permesso che per ringraziare l’albero, cosa che trovo assolutamente affascinante e che condivido in pieno, fa parte anche della mia cultura.

Tornati alla base inizia il lavoro di analisi, pulitura, taglio e preparazione delle erbe: potrebbe sembrare anche una lezione di cucina!

L’aspetto serio si mischia al gioioso divertimento e la squadra inizia ad affiatarsi tra i fumi e gli odori che, misti al caldo esagerato, hanno per me un effetto di leggero stordimento.

Il ventilatore sul soffitto, unica salvezza all’afa tropicale, tace.

Le preziose polveri e le foglie sminuzzate volerebbero via come coriandoli.

È il pegno da pagare per questa meravigliosa esperienza.

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